Domani, sabato 11 aprile, l’ultimo saluto a Salvatore Ricciardi nel quartiere San Lorenzo. Se non stessimo vivendo questa aberrante situazione di emergenza, lo avremmo accompagnato tutti noi che lo abbiamo incontrato conosciuto e amato, tutti coloro per i quali Salvo era una voce nell’etere, o che hanno letto le sue parole nel blog Contromaelstrom e nei bellissimi libri che ha scritto; saremmo stati in tanti a stringerci attorno a lui.
Era inevitabile che mi tornassero in mente queste parole, perché Salvo, o “il Vecchio” come in molti lo conoscevano, è uno di quelli che per tutta la vita hanno lottato per costruire una società diversa, senza le morti sul lavoro, le galere, la scuola selettiva, le gerarchie e le guerre.
Ha iniziato da giovanissimo, forse istintivamente in un’Italia del dopoguerra, dove chi aveva combattuto per la Resistenza si barcamenava per sopravvivere e dove gli sciacalli del mercato nero ed i fascisti continuavano a spartirsi privilegi e posti di comando, poi in quel famigerato luglio del 1960, il luglio di Tambroni, dei fatti di Genova e della strage di Reggio Emilia.
È stato protagonista delle grandi battaglie sul lavoro, prima in un cantiere edile (stiamo parlando degli scioperi del 1962-63, quando in ballo c’erano la domenica intera di riposo, le otto ore, il salario annuo garantito e la cassa edile) poi come tecnico nelle ferrovie.
Ha svolto un’intensa attività sindacale partendo dalla CGIL fino ad essere uno dei protagonisti della fondazione dei comitati di base dei ferrovieri all’inizio degli anni 70.
Il 67 della Grecia dei colonnelli, le battaglie del ’68, l’autunno caldo, la scelta di lotta armata come militante delle brigate rosse e le lotte contro l’invivibilità dei carceri speciali con la rivolta di Trani, una vita di lotta che non ha mai mostrato stanchezza o cedimenti fino all’ultimo giorno della sua vita.
Tutto questo è Salvo e molto di più, Salvo è un Indispensabile
La Rivoluzione è un fiore che non muore (cit.) Onore al compagno Ricciardi
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